11 Marzo 2022
- Spazio Bibbia, Bereshit

Commento alla prima Lettura della II Domenica di Quaresima ANNO C,
a cura di M.Francesca e Letizia ap

foto: Cielo stellato, Giotto, Cappella degli Scrovegni

Dal libro della Genesi  (15,5-12.17-18)

In quei giorni, Dio condusse fuori Abram e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.
E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo».
Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò.
Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono.
Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram:
«Alla tua discendenza
io do questa terra,
dal fiume d’Egitto
al grande fiume, il fiume Eufrate».

Abramo e le stelle. Ci vogliono le stelle per aiutare Dio a condurre fuori Abramo dalle sue paure. Dalla paura di non avere una discendenza, dalla paura di non avere futuro (Cf Gen 15,1-4).
È questo il punto per Abramo, è questo il suo desiderio più grande. Nel buio, che genera terrore e profondo smarrimento (v. 12) ci sono le stelle che non si possono contare. Noi non le vediamo, coperte dalla luce e dal chiasso delle nostre città e delle nostre vite distratte. Ma ci sono, e quando ce ne accorgiamo restiamo senza fiato.
Così Abramo. Una promessa sterminata quella di Dio, troppo immensa per essere compresa. Ma Abramo si fida (v. 5) e continua a camminare con questo Dio, ad attraversare il buio del cuore e delle sue domande insieme al suo Dio.
Il segno è l’alleanza “tagliata” (questo il verbo tecnico, espresso bene dagli animali divisi) tra Dio e Abramo. E colpisce che in mezzo agli animali passi solo il Signore, come fuoco e brace ardente, come Passione amante che si fa carico totalmente del futuro di Abramo, e con il suo anche del nostro futuro.
Ci sarà futuro? Ci sarà una terra bella e sana per noi e i nostri figli, per chi verrà dopo di noi? Ci saranno ancora dei ‘fratelli’?
Se Dio ha promesso, sì, tutto questo da qualche parte ci sarà. E la discendenza sarà bella come le stelle nel cielo di notte. Senza questa fiducia, nulla ha più senso.
Ma non è scontato avere nel cuore questo desiderio. Ecco perché Abramo, che ha fede, diventerà per grazia di Dio “padre di una moltitudine” (Cf Gen 17,5).
Generare altri, persone e popoli, alla vita, alla fede, all’umano…, non è da tutti. C’è chi preferisce disgregare, distruggere, condannarsi alla sterilità e all’oscurità. C’è chi le stelle nemmeno le guarda pensando che tutto finisca qui, o pensando di essere egli stesso “la stella” a cui tutti devono guardare. E chi, invece, le stelle le vede come memoria della promessa palpitante della paternità di Dio, condivisa solo per amore con noi ‘piccoli umani’.
La differenza è tutta qui.


Qôl/call

«Non temere Abram!» (Gen 15,1). Nessuno ci può togliere la promessa di Dio dal cuore, perché Dio stesso se ne fa garante (Cf Lc 9,28-36). Ti affido, Signore, le mie paure in questo tempo di guerra e di oscurità per il futuro di molti.

sr. Letizia 
molesti.l@apostoline.it