Commento alla prima Lettura della XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C,
a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dal libro del Qoèlet (1,2;2,21-23)
Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità.
Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male.
Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!
Poche spoglie parole, precise e asciutte, per definire la realtà nuda e cruda. Questo è il libro del Qoelet. Un saggio autore e pensatore che ricerca e indaga le cose della vita attraverso una specifica, pressante domanda di senso, senza girarci troppo intorno.
Quali sono le cose che contano davvero nella vita? Se tutto è vanità, hebel, soffio inconsistente, c’è allora qualcosa per cui valga la pena questo nostro esserci? Chi di noi non si è perso dentro a questa domanda, spesso con un profondo senso di angoscia.
Qoelet non si è dato pace, senza rassegnazione ha ricercato e indagato ogni faccenda e occupazione che l’uomo da sempre compie “sotto il sole” (Qo 1,3) per offrire ai suoi discepoli e a noi oggi queste sue preziose riflessioni.
In primo luogo, il saggio comprende che la conoscenza umana è parziale e limitata. Accetta il limite e lo abita, non lo teme o evade. E così comprende che questa conoscenza umana circa le cose di Dio è limitata, sì, ma reale. Occorre cercare e farsi le domande perché questo compito ci è stato affidato da Dio creandoci, e solo così possiamo trovare una modalità intelligente di vivere.
In secondo luogo, Qoelet diventa consapevole che “Dio ha messo nel cuore dell’uomo il mistero del tempo” (Qo 3,11), cioè una certa visione d’insieme che ci permette di intuire che l’opera di Dio resta per sempre e l’opera dell’uomo non fa cambiare l’ordine delle cose create. Cosa resta, dunque? Non il lavoro e i progetti per cui ci affanniamo, non il successo o le proprie proiezioni sul futuro (Cf Lc 12,13-21), quanto piuttosto vivere la gioia, anch’essa limitata, del momento presente, che si esprime in poche azioni definite e possibili: mangiare e bere, gustare l’amore reciproco, temere Dio cioè vivere un rapporto autentico con Lui, non regolato da formalismi ma dall’accoglienza grata e immeritata dei suoi doni. Questo NON è vanità.
Qôl/call
Ti sei mai guardato dentro? Ti sei mai chiesto del tuo desiderio profondo? / La nostalgia che si nasconde dentro te / Che cosa ti abita? / È l’infinita pazienza di ricominciare, il coraggio di scegliere da che parte stare, / è una ferita che diventa feritoia, una matita spezzata che colora ancora. / La meraviglia negli occhi quando ti fermi a guardare la sconfinata bellezza di un piccolo fiore. / Sono le poche cose contano / Sono le poche cose che servono / Quelle poche cose che restano / Sono le poche cose che contano… (LE POCHE COSE CHE CONTANO – 2020, Simone Cristicchi)
sr. Letizia
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