10 Settembre 2021
- Spazio Bibbia, Bereshit

Commento alla prima Lettura della XXIV Domenica del T.O.
a cura di M.Francesca e Letizia ap

Dal libro del profeta Isaìa (50,5-9)

Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.
È vicino chi mi rende giustizia:
chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci.
Chi mi accusa? Si avvicini a me.
Ecco, il Signore Dio mi assiste:
chi mi dichiarerà colpevole?

Come il servo che parla in prima persona in questo brano tratto dal profeta Isaia, vorrei anch’io, Signore, essere scolpito ogni giorno dalla tua Parola: magari diventerei forte e sicuro di me tanto da confrontarmi viso a viso con la vita, con i suoi imprevisti, compresi l’opposizione e la chiusura, anche la violenza del male… Potrei essere un cavaliere valoroso senza macchia e senza paura!
Invece accade che la maggior parte delle volte la paura del dolore e il dubbio “vengono a contesa” con me, mi fanno tremare, mi sconvolgono e così interiormente vengo meno.
Non sembra essere questa, però, la prospettiva di Dio di fronte alla sofferenza che ciascun chiamato incontra nel cammino vocazionale. La risposta del servo è piuttosto una disponibilità a esserci ogni giorno così com’è.
Allora, dove trovare la forza per rimare nella fede e nell’amore di fronte all’evidente e costante fragilità della propria risposta, agli sconvolgimenti del cuore, alla sfiducia e alla stanchezza che rallentano il percorso? Ci viene in aiuto il servo che resta in ascolto della Parola del Signore.
Essa è capace di ancorarci alla speranza e di farci accogliere quello che logico non è, cioè la croce che fa parte della nostra e altrui esperienza, trasformando tutto in sorgente di consolazione e vita (Cf Mc 8,27-35).
Non si tratta tanto di non essere sconvolti, toccati dalla vita o di non sentire più il bruciore delle proprie ferite, perché il servo del Signore non ha in sé super poteri per rispondere “stoicamente” alle prove che incontra, non è un intoccabile di fronte agli eventi, ai sentimenti e alle emozioni che sente egli stesso. Si tratta piuttosto di riconoscersi come persone, uomini e donne, disposti a lasciarsi forgiare dalla Parola attraversando i propri sentimenti, tanto da ‘diventare Parola’ toccata e strappata, spintonata e vilipesa, contesa e osteggiata. Ma sempre Parola viva che rimane e risana, salvando quello che ama.


Qôl/call

Come essere io, Signore, quel discepolo della Sapienza al quale apri l’orecchio ogni mattino (Cf Is 50,4) per imparare ad ascoltare Te e per imparare ad ascoltare me, mentre vivo, mentre cammino e respiro, mentre bevo e mangio, mentre riposo e mentre amo e il cuore si spacca in due?

sr. Letizia 
molesti.l@apostoline.it