Commento alla prima Lettura della XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dal libro di Giosuè (Gs 24, 1-2a.15-17.18)
In quei giorni, Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio.
Giosuè disse a tutto il popolo: «Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore».
Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio».
«Sceglietevi oggi chi servire!». Se queste parole di Giosuè (cfr. Gs 24,15), oggi, fossero rivolte a noi, cosa risponderemmo?
Il brano gioca con il verbo ebraico ‘ābad (servire) la cui radice si ripete un numero considerevole di volte. Dunque, il popolo di Israele può servire il Signore o gli dei, che hanno servito i padri, dice Giosuè. Con una bella professione di fede Israele sceglie di servire il Signore perché è Lui, «proprio lui che lo ha liberato dalla casa di servitù» (alla lettera dall’ebraico) che era l’Egitto, dove «servitù» ha la stessa radice del verbo ‘ābad.
In altre parole il popolo dice di voler servire il Signore perché solo con Lui il servizio non è una schiavitù. Servire Dio vuol dire amare solo lui e dimenticarsi degli idoli muti e sordi, significa entrare in relazione con Lui, perché proprio Lui, è colui che ha concesso e sempre concede la libertà.
Nella Bibbia si dice che Giacobbe «servì sette anni per Rachele che gli sembrarono come pochi giorni tanto era il suo amore per lei» (Gen 29,20). Servire senza accorgersene è la fatica quotidiana dell’amore fatto di piccole cose che rendono unica una relazione. Addormentarsi e svegliarsi sapendo a chi si appartiene dona sollievo alle giornate più pesanti. Il servizio di cui ci parla Giosuè è fatto di questo amore qui, il cui «carico è dolce e il peso è leggero» (cfr. Mt 11,25-30) tanto è forte. È fatto di “respiro”, di espressione, di libertà perché questo è il DNA del Signore che noi, come Israele, possiamo servire.
Qôl/call
Accogliamo la proposta di Giosuè scegliendo chi servire… chi ci rende schiavi di noi stessi: le nostre paure, i nostri pensieri negativi, le relazioni che ci fanno male, tutto quello che ci piega, ci sfinisce o ci dona una consolazione momentanea oppure scegliendo il Signore che ha per noi «Parole di vita eterna» (Gv 6,68). In questo tempo, quale parola voglio scegliere come luce per il mio cammino?
sr. M. Francesca
frasca.mfrancesca@apostoline.it