Commento alla prima Lettura della I Domenica di QUARESIMA (ANNO A),
a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dal libro della Gènesi (2,7-9; 3,1-7)
Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.
Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male.
Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male».
Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.
Al principio della nostra esistenza c’è un soffio di desiderio, parola, sogno che Dio condivide con noi. L’essere umano, nelle due edizioni maschile e femminile, è l’unico in grado di dialogare con Dio e di condividere la sua visione della vita e della storia, il suo progetto di bellezza espresso in quel meraviglioso giardino pieno di ogni albero fruttifero e buono.
Alle origini della vita c’è quasi un ‘dovere morale’ di gustare la bellezza, di immergersi in essa, di coinvolgersi e gioire dei doni che Dio ci ha fatto e di cui ci ha riempiti. Primariamente del dono della sua presenza che si esprime nello stare vicino, definendo anche uno spazio suo, lo spazio più interno dove si trovano l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male (Gen 2,9), che sono lì ma che sono di Dio ed è lui che stabilisce se e quando e come condividerli. Perché così si fa nelle relazioni d’amore, ci si rispetta senza annullarsi, ci si avvicina chiedendo permesso, ci si sente a casa alla presenza dell’altro irriducibilmente diverso da me.
All’inizio del male c’è un dubbio: che tutto questo sia una fregatura, una forma di controllo da parte di Dio che vuole privarci delle nostre reali ed enormi possibilità.
Puntare sul bicchiere mezzo vuoto, su quello che ti manca e che non hai e non avrai, e dedurre così che se Dio non ti ha dato tutte le possibilità allora non è poi così buono, non è la strategia vincente. Anzi, è l’inizio di una catena di malvagità e deresponsabilizzazione.
Allora che fare: rassegnarsi se le cose sono andate così? Oppure rimpiangere l’innocenza perduta? Qual è la strada?
La liturgia di questa prima Domenica di Quaresima ce lo dice: c’è una via possibile ed è quella di tornare al soffio creativo, ascoltando il desiderio più profondo che ci abita; tornare al dono di grazia e alla bellezza, assumendosi la propria realtà che è ferita e mancante, ma redenta perché amata dal Signore fino alla fine (cf. Gv 13,1); tornare a Dio, in definitiva, Lui che vuole passeggiare libero nel giardino (Gen 3,8) che è la nostra vita e quell’originalissima esperienza dell’umano che ha da compiersi per ciascuno.
Qôl/call
Il cammino di ritorno a Dio comincia da Gesù che vince le tentazioni del diavolo (Mt 4,1-11) e ci riporta così alla sorgente di noi stessi, lì dove ritroviamo la fiducia nel Padre che ci ama, nel Figlio che ci ha redenti, nello Spirito che ci fa liberi.
sr. Letizia
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