27 Novembre 2020
- Spazio Bibbia, Bereshit

Commento alla prima Lettura della I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO B)
a cura di M.Francesca e Letizia ap

Dal libro del profeta Isaìa (63,16-17.19; 64,2-7)

Tu, Signore, sei nostro padre,
da sempre ti chiami nostro redentore.
Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie
e lasci indurire il nostro cuore, cosi che non ti tema?
Ritorna per amore dei tuoi servi,
per amore delle tribù, tua eredità.
Se tu squarciassi i cieli e scendessi!
Davanti a te sussulterebbero i monti.
Quando tu compivi cose terribili che non attendevamo,
tu scendesti e davanti a te sussultarono i monti.
Mai si udì parlare da tempi lontani,
orecchio non ha sentito,
occhio non ha visto
che un Dio, fuori di te,
abbia fatto tanto per chi confida in lui.
Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia
e si ricordano delle tue vie.
Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato
contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli.
Siamo divenuti tutti come una cosa impura,
e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia;
tutti siamo avvizziti come foglie,
le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento.
Nessuno invocava il tuo nome,
nessuno si risvegliava per stringersi a te;
perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto,
ci avevi messo in balìa della nostra iniquità.
Ma, Signore, tu sei nostro padre;
noi siamo argilla e tu colui che ci plasma,
tutti noi siamo opera delle tue mani.


Il testo di apertura del tempo liturgico dell’Avvento (anno B) è un inno alla paternità di Dio. Il profeta Isaia, mentre fa memoria dell’esodo, annuncia con forza che è sempre stato solo Dio il protagonista della salvezza del popolo. Lui solo.
Tu, Signore, sei il nostro padre: questo grido apre uno spazio di osservazione dell’esperienza dell’esilio. Di quello che si è perso (il tempio, la terra,…), e di ciò che, in questa spoliazione, è diventato certezza: l’esperienza solida della paternità di Dio. Nel passato di Israele, Dio si è manifestato attraverso strumenti di mediazione umani e storici; ma ora, a fronte dell’esperienza deludente di una “paternità” mancata come quella dei capi di Israele che si sono dimenticati di tutelare i diritti del popolo, gli ebrei esuli a Babilonia capiscono che la grazia di Dio non dipende dalle sue mediazioni; e che l’unica paternità, che è da sempre e rimane per sempre, è quella di Dio.
Dio è sempre stato per Israele il gôēl, il consanguineo prossimo che può riscattare, in caso di difficoltà, il suo congiunto (Cf Rt 2,20). Padre nostro,  ̓ābînû,è ripetuto tre volte in pochi versetti (Is 63,16; 64,7), unito alla supplica che risuona forte ai nostri orecchi: “Se strappassi i cieli e scendessi!”. Dio ha già aperto i cieli una volta per sempre inviando Gesù, mediatore dell’alleanza nuova (Ebr 12,24). E in questo nuovo Avvento, la sua presenza di Padre apre anche a noi la possibilità di una nuova esperienza di liberazione, di fede e di stabilità di vita.


Qôl/call

Tutti noi siamo opera delle tue mani! Ti ringraziamo, Padre, per come curi con amore la nostra fragile vita. Rendici capaci di guardare al futuro che viene, con spirito di attesa amorosa del tuo Figlio (Cf Mc 13,33-37), che col suo Spirito grida nei nostri cuori: “Abbà! Padre!” (Rm 8,15).

sr. Letizia 
molesti.l@apostoline.it