Commento alla Prima Lettura della XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A) a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dal libro del profeta Geremia (20,7-9)
Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre;
mi hai fatto violenza e hai prevalso.
Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno;
ognuno si beffa di me.
Quando parlo, devo gridare,
devo urlare: «Violenza! Oppressione!».
Così la parola del Signore è diventata per me
causa di vergogna e di scherno tutto il giorno.
Mi dicevo: «Non penserò più a lui,
non parlerò più nel suo nome!».
Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente,
trattenuto nelle mie ossa;
mi sforzavo di contenerlo,
ma non potevo.
Immaginiamo di vivere a cavallo di un secolo in cui il popolo di cui siamo parte, dopo aver vissuto nella prosperità (solo di alcune classi sociali), sarà deportato e reso schiavo a Babilonia. Immaginiamo di vivere nel Regno di Giuda (parte sud del Regno di Israele) dove dilaga la corruzione delle classi più potenti, che il re sia un tiranno e che Dio affidi a noi, suoi profeti, il compito di annunciare la sventura imminente della deportazione e distruzione della città di Gerusalemme in seguito a questo. Immaginiamo infine un uomo tranquillo, forse destinato alla vita sacerdotale più che a quella profetica (cfr. Ger 1), che non si aspettava di essere chiamato ad essere profeta né si sentiva adeguato a farlo… così forse possono essere contestualizzate, almeno in parte, queste parole colme di dolore eppure di affidamento verso Dio da parte di uno dei suoi più affascinanti profeti: Geremia.
Per disposizione il Geremia ragazzo che incontra il Signore è una personalità tranquilla, meditativa desideroso di una vita a contatto con le piccole gioie quotidiane più che di un cammino fatto di condivisione della passione del Signore per l’uomo che passa attraverso strettoie, lotte dure e aperte contro le ingiustizie e verità difficili da annunciare ai potenti. Inevitabilmente un cammino di solitudine. Lo leggiamo dalle sue stesse parole, la Parola che deve annunciare e vivere è esigente e motivo di scherno per lui. Pochi versetti prima di questo testo ci viene raccontata la sua prigionia promossa da parte della classe sacerdotale. Le sue parole di oggi ci testimoniano la difficile sequela di un Dio che ha bisogno di uomini e donne disposti a perdere la vita per il suo amore. Così si conclude questo meraviglioso testo, non solo con la confessione del fatto che nonostante le fatiche, sarebbe stato impossibile per lui non seguire quel fuoco ardente dell’amore di Dio ma anche con le parole del v. 13, omesso dalla liturgia: «… 13Cantate inni al Signore, lodate il Signore, perché ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori». Così sono i profeti di Dio, amanti della vita e degli uomini, brucianti del fuoco dell’amore di Dio.
Qôl/call
Accanto a Geremia Pietro, che, nel Vangelo di oggi, vuole evitare la croce a Gesù e forse anche a sè stesso, anche se l’abbraccerà con coraggio. «Se qualcuno vuol venire dietro a me…». Il Signore non obbliga ma nutre giorno dopo giorno la libertà della sequela.
Scelgo dalla liturgia di oggi o dalla Scrittura una Parola che dia fiducia alla mia sequela del Signore.
sr. M. Francesca
frasca.mfrancesca@apostoline.it
