18 Novembre 2022
- Spazio Bibbia, Bereshit

Commento alla prima Lettura della XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C
Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo,
a cura di M.Francesca e Letizia ap

Dal secondo libro di Samuèle (5,1-3)

In quei giorni, vennero tutte le tribù d’Israele da Davide a Ebron, e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”».
Vennero dunque tutti gli anziani d’Israele dal re a Ebron, il re Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele.

Poche frasi, quelle introduttive del capitolo 5 del secondo libro di Samuele, che riassumono come l’intera stagione di una Serie TV: il giovane trentenne Davide sale sul trono di Israele a Ebron.
In realtà, questi versetti sono l’epilogo solenne di una lunga vicenda di potere, quella che si trova raccontata dal primo libro di Samuele (dal c. 16) fino a qui. Davide entra sulla scena della storia del popolo eletto da adolescente, a servizio del re Saul; diventa un condottiero militare molto amato dal popolo per il suo carattere, per la sua personalità intraprendente, per la sua generosità che mostra come Dio fosse dalla sua parte. Ma poi Davide è costretto a fuggire da Saul, re fallito, impazzito, che non vuole mollare finché non è destinato semplicemente a scomparire dalla scena.
Davide ha il primato, nella storia di Israele, di aver unificato sotto di sé un regno che non nasceva unito, ma che si trovò a convergere sulla sua figura carismatica non senza fatiche e critiche (che sono conservate anche nel testo biblico, con le aggiunte e la presenza di diverse tradizioni riguardo a Davide). Questo somiglia molto alla nostra vita quotidiana, fatta anche di compromessi, di tempi lunghi e di fughe, di aggiustamenti e di sano realismo.

Ma qui, in questo testo, si testimonia un fatto fino ad allora impensabile: tutte le tribù di Israele trovano nella persona di Davide una possibilità, un accordo comune, un’alleanza di pace; e giurano fedeltà politica al nuovo re. È un evento importante e non scontato che lascia, nella memoria e nella speranza del popolo, un segno: quello di poter, e di voler, trovare unità e pace sotto un unico riferimento.
Davide era già stato unto da Samuele (Cf 1Sam 16) perché scelto dal Signore; ora è di nuovo unto re e pastore dalle guide del popolo. Che valore ha questa nuova unzione?
Rappresenta, forse, quel momento nella vita di ciascuno in cui vengono manifestate, cioè “rese pubbliche” – dalle circostanze della vita, dalle vicende che ci accadono e che ci scelgono, e che noi scegliamo -, tutte quelle certezze interiori maturate in anni di silenziosa routine, quelle certezze che ci fanno realmente muovere.
Come per Gesù. Sulla croce si manifesta che il Padre lo ha scelto come Messia, Unto. Lui ne era consapevole dal giorno del suo battesimo nel Giordano, i discepoli che lo seguivano se ne rendevano conto poco per volta. Ma la verità di Gesù si manifesta in un modo unico, tremendo, incredibile a pensarci, proprio sulla croce.
Gesù, che significa “il Signore salva”, sale sul patibolo del pubblico ludibrio per dare anche al più perduto un’occasione, un’offerta di salvezza. Che cos’è, infatti, la salvezza se non qualcuno che “si ricordi di me” (Cf Lc 23,42-43), si ricordi di me “nonostante” me, gli errori fatti, le sbandate prese, il tempo perso…?
Ecco cosa muove Gesù, il re e pastore, cosa lo spinge a un’impresa inaudita come quella della salvezza. La croce manifesta pubblicamente il cuore di Dio, il suo esserci per noi nel segno di una regalità radicale e di un’alleanza di pace, iniziata con Davide e che non avrà mai fine.


Qôl/call

Porto al Signore il mio desiderio di unità (interiore, familiare, comunitaria e sociale, tra popoli…).

sr. Letizia 
molesti.l@apostoline.it