Commento alla Prima Lettura della DOMENICA DI PENTECOSTE (ANNO A), Messa Vespertina della Vigilia, a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dal libro della Gènesi (11,1-9)
Tutta la terra aveva un’unica lingua e uniche parole. Emigrando dall’oriente, gli uomini capitarono in una pianura nella regione di Sinar e vi si stabilirono.
Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta. Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra».
Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: «Ecco, essi sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua; questo è l’inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro».
Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.
Nel giorno in cui il lo Spirito dona agli uomini, gli apostoli, di parlare diverse lingue (cfr. At 2,1-11) la liturgia ci propone anche questo racconto antico in cui gli uomini sono destinati a non capirsi più. Se leggiamo il testo andando a guardare le parole degli uomini, creati da Dio poco prima, ci accorgiamo che questi si invitano l’un l’altro a cuocere mattoni nell’immensità del creato che hanno a disposizione. Qual è la particella pronominale che abbonda nel testo? “ci”, quella della prima persona plurale. Un sovrabbondare di «noi, noi, noi» (facciamoci mattoni; cuociamoceli -alla lettera un po’ portata all’estremo-; costruiamoci una città; facciamoci un nome…): manca un riferimento frontale, è come se si guardassero l’un l’altro. Inoltre l’osservazione iniziale: «avevano un’unica lingua e uniche parole» significa proprio che tra loro c’è un’uniformità che non lascia spazio alla diversità. È un gruppo chiuso. Soprattutto chiuso a Dio: l’Altro con cui l’uomo, sin dall’inizio, si è confrontato. Del resto, dice il testo, si erano «allontanati a oriente» (v.2) più che «dall’oriente» (questa una possibile e più probabile traduzione) e allontanarsi a oriente è sempre un problema, secondo i capitoli precedenti: lo avevano fatto Adamo e Eva che si allontanano dall’Eden (Gen 3,24); lo aveva fatto Caino (Gen 4,16) che esce «lontano dal volto di Adonai», verso oriente. Uomini dunque che si riducono a schiavi, facendo mattoni come faranno in Egitto e che smettono di guardarsi negli occhi per guardare sé stessi e il proprio lavoro. Cosa c’è di più lontano dal prodigio delle lingue avvenuto a Gerusalemme? La Genesi oggi ci ricorda come, anche noi, possiamo diventare lasciati a noi stessi.
Qôl/call
Invochiamo lo Spirito in questo giorno in cui la Liturgia ci ricorda i prodigi della sua presenza, con la sequenza proposta: Vieni Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce, vieni padre dei poveri, vieni datore dei doni… Vieni… Continuiamo la preghiera secondo quanto lo Spirito ci ispira.
sr. M. Francesca
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