Commento alla prima Lettura della IV Domenica di Pasqua (ANNO B)
a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dagli Atti degli Apostoli (4,8-12)
In quei giorni, Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro:
«Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato.
Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo.In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».
Il nome indica la persona. E quando si parla del “nome di Gesù” che ha il potere di sanare e rialzare si parla della sua Persona e della salvezza portata da Lui.
Pietro, infuocato dallo Spirito, pronuncia parole vere e necessarie, parole che bruciano e purificano i cuori. Ma la parola più necessaria è proprio il nome di Gesù.
Il messaggio arriva chiaro alle autorità che ascoltano: l’annuncio della salvezza è dato a tutti coloro che sono “sotto il cielo” (v. 12), e consiste nell’essere radicalmente guariti nel nome e nella persona di Gesù. Il suo è un nome potente come potente è l’amore.
Gesù, «Dio salva» (Mt 1,21), realizza la salvezza di tutti, giudei e appartenenti a ogni popolo, non in modo indistinto ma personale, perché Gesù si è consegnato nel suo mistero pasquale di morte e risurrezione, diventando uno scarto, escluso e cancellato, affinché ciascuno potesse rialzarsi e aprirsi alla vita solo pronunciando il suo nome.
Gesù Nazareno è il Salvatore perché è il Buon Pastore che dà la vita per le pecore: «egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori» (Gv 10,3. 1-18).
Essere chiamati per nome ci permette di sperimentare una grande intimità, fatta di conoscenza, fiducia e sicurezza. È questo il grande dono della vocazione che qualifica la vita, la rende non anonima, la smuove e libera da ogni infermità, la conduce su strade nuove e piene di vita. Scopriamo allora che anche il nostro nome è potente davanti a Dio: è capace di muoverlo a compassione, quel movimento di uscita da sé che è sinonimo di cura, guarigione, libertà e gioia. In una parola, di salvezza.
Qôl/call
«La preghiera di Gesù, interiore e costante, è l’invocazione continua e ininterrotta del nome di Gesù con le labbra, con il cuore e con l’intelligenza, nella certezza della sua presenza in ogni luogo, in ogni tempo… Si esprime con queste parole: “Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me!”» (Dai Racconti di un pellegrino russo).
sr. Letizia
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