Commento alla prima Lettura della XII Domenica del T.O.(ANNO B)
a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dal libro di Giobbe (Gb 38,1.8-11)
Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all’uragano:
«Chi ha chiuso tra due porte il mare,
quando usciva impetuoso dal seno materno,
quando io lo vestivo di nubi
e lo fasciavo di una nuvola oscura,
quando gli ho fissato un limite,
gli ho messo chiavistello e due porte
dicendo: “Fin qui giungerai e non oltre
e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde”?».
In mezzo alla tempesta, in questo «tumulto di forze incommensurabili» (R. Alter), Dio parla con l’uomo che soffre, Giobbe.
E come parla? Con la poesia. In un susseguirsi di domande questo Dio poeta spiazza Giobbe, perché è capace di parlare con l’amore di una madre e la forza di un padre, di un figlio così ribelle e impetuoso come solo il mare sa essere.
E ci stupiamo di quanta forza comunicativa può avere una sola domanda. Chi può avere la forza, la capacità, l’estro e la creatività per volere e tenere in vita tutto ciò che esiste? Chi, se non Dio?
Dio avvolge con amore tutta la realtà creata, anche il mare in tempesta che fa tanta paura: non gli toglie il vigore e la forza, come non ci risparmia all’impeto dei nostri sentimenti più violenti.
In questa rara Domenica possiamo gustare un piccolo assaggio della magnifica e terribile poesia dei capitoli 38-41 conclusivi del libro di Giobbe, poesia di Dio che investe noi piccoli lettori in un turbinìo di parole e immagini che ci lasciano storditi, ubriacati.
Sentiamolo come una carezza nelle nostre fatiche questo brano, uno sguardo diverso su quello che – onestamente – rimane il problema che ha scatenato la tempesta che oggi sto vivendo nella mia vita personale, nelle scelte da compiere, nel mio contesto familiare e relazionale, sul lavoro o nella realtà ecclesiale che vivo… Giobbe non riceve una risposta al suo problema, riceve una serie di domande che gli aprono gli occhi sulla sua piccolezza, sul suo posto nel cosmo, sulla fede/fiducia come risposta sensata e inclusiva delle contraddizioni del vivere. E soprattutto riceve la consapevolezza, piantata bene nel cuore, che Dio Creatore e Signore, così com’è (Cf Mc 4,36), è con lui.
Qôl/call
Dio come un ostetrico aiuta il mare a nascere e gli mette confini: il limite al mare che non può sovrastare la terra, è consolante annuncio di un limite al male che col suo carico di preoccupazioni non può spegnere la vita, mai. Quale “limite” percepisco come positiva risposta di Dio alle fatiche che in questo tempo mi sovrastano?
sr. Letizia
molesti.l@apostoline.it