Commento alla quarta Lettura della Veglia Pasquale (ANNO C) a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dal libro del profeta Isaia (Is 54, 5-14 )
Tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome; tuo redentore è il Santo d’Israele, è chiamato Dio di tutta la terra. Come una donna abbandonata e con l’animo afflitto, ti ha richiamata il Signore. Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù? – dice il tuo Dio. Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti raccoglierò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore. Ora è per me come ai giorni di Noè, quando giurai che non avrei più riversato le acque di Noè sulla terra; così ora giuro di non più adirarmi con te e di non più minacciarti. Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace, dice il Signore che ti usa misericordia. Afflitta, percossa dal turbine, sconsolata, ecco io pongo sullo stibio le tue pietre e sugli zaffìri pongo le tue fondamenta. Farò di rubini la tua merlatura, le tue porte saranno di berilli, tutta la tua cinta sarà di pietre preziose. Tutti i tuoi figli saranno discepoli del Signore, grande sarà la prosperità dei tuoi figli; sarai fondata sulla giustizia. Tieniti lontana dall’oppressione, perché non dovrai temere, dallo spavento, perché non ti si accosterà.
In questa notte silenziosa, in cui la Vita ha vinto sulla morte, il Signore parla alla sua Gerusalemme e a noi, per bocca del profeta, come uno sposo innamorato di nuovo della sua sposa. Desideroso di donare qualcosa di veramente prezioso alla sua donna “non più abbandonata”, il Signore promette ciò che tutti desideriamo: che «non vacillerà la sua alleanza di pace» (Is 54,10).
Queste due parole (alleanza di pace) possono farci arrivare al cuore del messaggio che questo testo consolante e poetico racchiude, ma sono anche profezia di quanto Gesù stesso donerà ai suoi discepoli nel giorno di Pasqua. La shalom del Signore, secondo la concezione della fede ebraica da cui deriva la nostra fede, ha un significato intenso, che non basta una sola parola a descrivere. È sì essere in pace e nella pace, ma significa anche essere integri, “non divisi in se stessi” (cfr. Lc 11,17). È il frutto della benedizione e della salvezza, di una relazione con il Signore che non crolla di fronte alle incongruenze della vita. Il Signore con la sua pace ripara ciò che è ferito facendo gioire l’animo che non era più capace di farlo; restituisce una condizione quasi primordiale in cui, come il primo uomo e la prima donna, possiamo godere dei frutti del giardino (cfr. Gen 1,29). Ricevere questo suo dono è essere paghi della vita e sicuri del bene ricevuto, mai più soli, contenti di ciò che si ha e ciò che si è. Questa alleanza di pace, di cui in questa notte di Pasqua parla il profeta Isaia, è un patto vincolante per lo sposo che vuole rendere felice la sua sposa con la sua misericordia e la sua grazia perché la sposa possa sentirsi sicura nell’unione con lui.
Questa è la chiave di ogni Mistero Pasquale fatto di Morte e Resurrezione che condividiamo con il nostro Signore, trovare in Lui, nonostante tutto e oltre tutto, la nostra fiducia nell’oggi e nel domani, desiderosi solo di contemplare, un po’ ogni giorno, il suo Volto.
Qôl/call
Auguriamoci gli uni gli altri di avere il cuore in pace di chi «non cerca tra i morti colui che è vivo» (Lc 24,5) e chiediamo al Signore di non perdere la speranza in questi giorni difficili.
Che la tua shalom, Signore, sia la parola più familiare al nostro mondo e al nostro cuore.
sr. M. Francesca
frasca.mfrancesca@apostoline.it