Commento alla prima Lettura della XIX Domenica del T.O. (ANNO A),
a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dal primo libro dei Re (19,9.11-13)
In quei giorni, Elia, [essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb], entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.
Quando la Parola del Signore ci raggiunge con una domanda, la sua forza ci spiazza, ci provoca a guardare alle motivazioni con le quali viviamo. Lo stralcio della vita di Elia – tratto dal capitolo 19 del primo libro dei Re –, che la Liturgia ci propone questa domenica, nel testo integrale si trova incorniciato da una domanda ripetuta due volte (vv. 9 e 13): “Che cosa fai qui?”.
Elia si sente rivolgere una di quelle domande capaci di metterti a nudo. Così il Signore lo educa a cambiare prospettiva, a non centrarsi sugli insuccessi, le fatiche o gli ostacoli legati alla missione di profeta a lui affidata, ma a spostare l’attenzione su Dio che sempre opera.
Per fare questo, c’è un movimento da mettere in atto. Dio dice a Elia di uscire fuori, dalla caverna dove si era protetto, ma soprattutto da se stesso e dal “vento impetuoso” dei suoi pensieri negativi, dal “terremoto” delle sue emozioni, dal “fuoco” del suo zelo diventato ormai bruciante delusione.
Elia, che si presenta al mondo e ai potenti del suo tempo come “colui che sta in piedi” alla presenza del Signore (cf 1Re 17,1), ha qui bisogno di ritrovarsi nella sua vocazione.
«Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore» (v. 11). E qui avviene il prodigio. Dio si rivela a Elia in un modo nuovo, nella “voce di un silenzio sottile” (v. 12), profondo, che lo avvolge come un grembo e lo genera “nuovo” alla missione profetica.
Forse anche noi, con Elia, possiamo uscire fuori da noi stessi e da un’esperienza di Dio che lo ingabbia in categorie, nel già noto e previsto, perché la Sua immagine in noi si “aggiorni” con un “update” che ci salva la vocazione e la vita.
Qôl/call
“È un fantasma!”… “Coraggio! Sono io, non temete” (cf. Mt 14,22-33). Anche Gesù ha dovuto tante volte nel Vangelo “aggiornare” la conoscenza che i discepoli avevano di Lui. Chiediamogli: Signore, chi sei? Come ti fai presente oggi per me? Verso chi mi invii?
sr. Letizia
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